mercoledì 4 luglio 2007

Hilde Lotz-Bauer (1907-1999) a Firenze

Una mostra online della Fototeca del Kunsthistorisches Institut in Florenz.
95 foto provenienti dal patrimonio della Fototeca e dall'archivio Franz Schlechter (Heidelberg).

Dal 25.06.2007 al 25.09.2007


Kunsthistorisches Institut in Florenz, Max-Planck-Institut
http://expo.khi.fi.it/


Hilde Lotz-Bauer, (Monaco 1907 - Monaco 1999) fotografa e storica dell'arte, trascorse un primo periodo in Italia dal 1935 al 1943.

Il Kunsthistorisches Institut in Florenz, grazie a donazioni e acquisti degli anni '70 e '80, possiede una parte del suo lascito risalente a quel periodo e comprendente circa 750 fotografie, delle quali viene presentata in una mostra online una selezione rappresentativa in occasione del centenario della nascita.

Hilde Lotz-Bauer conseguì il dottorato in storia dell'arte a Monaco nel 1931 presso Wilhelm Pinder. Nei due anni successivi si formò come fotografa alla Bayerische Staatslehranstalt für Lichtbildwesen, dove ebbe come insegnante lo storico dell'arte e fotografo teatrale Arthur Schlegel (1896-1976). Dopo aver terminato il corso di studi nel 1933, Hilde Lotz-Bauer divenne una delle prime fotografe di professione, in un periodo in cui la fotografia architettonica e industriale, la fotografia documentaria, il giornalismo e la cronaca fotografica rivestivano un ruolo di primo piano.

È evidente la vicinanza della Lotz-Bauer ad August Sander per la ritrattistica, ai fotografi d'arte Giovanni Negri ed Emilio Sommariva, ai famosi fotografi italiani Giacomo e Carlo Brogi, ai fratelli Alinari a Firenze nel campo della fotografia di viaggi e di documentazione, e infine, al neorealismo del suo contemporaneo Henri Cartier- Bresson. La mostra online si concentra sulle fotografie che Hilde Lotz-Bauer eseguì per il Kunsthistorisches Institut in Florenz su commissione di Friedrich Kriegbaum.

Le sue fotografie di dettagli delle opere di Michelangelo, Benvenuto Cellini o Giambologna costituiscono importanti esempi di fotografia documentaria eseguita al servizio della ricerca. La sua predilezione per insolite prospettive emerge anche dalle fotografie scattate dai tetti con la sua macchina fotografica professionale, che riproducono panorami e dettagli del centro storico fiorentino non ancora distrutto dai bombardamenti.

Le fotografie delle fontane e delle piazze romane, eseguite intorno al 1935, sono state messe gentilmente a disposizione per la mostra online da Franz Schlechter.

Fonte: [S-fotografie]

Vevi ovvero alla ricerca dei giochi perduti


Tempo fa in libreria, curiosando tra gli scaffali di libri per bambini, tutti ricchi di illustrazioni e coloratissime copertine, un libretto rosa ha catturato la mia attenzione… si intitola “Vevi e lo sciopero dei giocattoli”, dove Vevi è una bimbetta che ti guarda sgranando gli occhi con espressione perplessa….Leggo il nome dell’autrice e con meraviglia scopro che è una mia ex compagna di università… Silvia Serreli. La memoria va a sei-sette anni fa e alle buie aule in cui assistevamo alle lezioni di Storia dell’arte...Silvia era, ed è, una ragazza che non passa inosservata, apparentemente introversa, dalla battuta pungente, gli occhi grandi e penetranti, il viso pallido e sfilato, incorniciato da una cleopatresca chioma di lucenti capelli neri!
Dunque ci siamo rincontrate e con entusiasmo ha accettato di sottoporsi ad una breve intervista via mail per il nostro blog, che segue...


1) cara Silvia, da quando coltivi l'amore per l'illustrazione?
L’amore per il disegno, più in generale, è qualcosa che mi porto dietro fin dall’infanzia. Ho sempre avuto questa passione ed ho netto in testa il ricordo di quando, piccolissima, riempivo di scarabocchi alcuni blocchi che mi regalava mio babbo.

2)Vevi è la tua prima creazione?
No ce ne sono state anche altre. Diciamo che Vevi è la mia prima creazione ad essere diventata un libro.

Com'è nata?
È nata quando lavoravo al pre e post scuola elementare. Alcuni bambini si lamentavano del fatto che erano sempre pieni d’impegni e non avevano il tempo per giocare. Da qui è nata la storia dello sciopero dei giocattoli, che stufi di non essere più considerati, si chiudono nell’armadio.

Prima hai immaginato visivamente il personaggio e poi hai pensato il filo narrativo della storia?
Il personaggio di Vevi è nato tempo prima della storia. Per il compleanno di un mio amico volevo fare un biglietto diverso dal solito, non comprato, e allora l’ho disegnato io. Il personaggio che riprodussi è quello che poi ho utilizzato per la storia poiché mi piaceva e mi sembrava adatto.

Quanto è autobiografico? Molto. In verità tutto quello che fa Vevi è esattamente ciò che da piccola avrei voluto fare io: suonare il piano, cantare in un coro, o magari un corso d’inglese. Così ora strimpellerei la tastiera invece di suonarla con due dita, e spiccicherei due parole in inglese. Vabbè, almeno posso dire di avere giocato tanto.

E come invece ha preso campo l'idea del libro?
L’idea di fare un libro illustrato è il sogno di qualsiasi giovane che ambisca a diventare autore o illustratore di libri per ragazzi. Pertanto ogni volta che ho progettato e illustrato storie, le ho sempre pensate per un eventuale libro.

Puoi raccontarmi un po' delle fasi di progettazione e realizzazione?
Ho buttato giù il testo, e poi l’ho diviso in modo tale da avere un buon numero di tavole illustrate. Poi su un blocco ho fatto alcuni schizzi del personaggio e delle tavole, ma non tutte. Quando ho visto che la storia stava venendo fuori senza difficoltà ho cominciato ad impostare le tavole direttamente sul foglio di lavoro. Nel frattempo facevo alcune modifiche al testo per renderlo più piacevole e fluido possibile.

Il contatto con la casa editrice Coccole e Caccole?(pubblica anche opere di bambini, nell’idea che se davvero li lasciassimo esprimere e li ascoltassimo, il mondo cambierebbe; è bello il binomio “coccole”, forma di contatto fisico che ci apre affettivamente e ci da sicurezza e le “caccole”, termine infantile che ci riporta indietro nel tempo, quando i genitori ci vietavano di mettere le dita nel naso, in quanto gesto abominevole e rivoltante!)
Puramente casuale. Un mio amico vide un trafiletto sulla Nazione che parlava di questa casa editrice che pubblicava racconti scritti da bambini e illustrati da adulti. Ho mandato il materiale e una settimana dopo mi hanno contattata.

3)Raccontami un po' della tua formazione: ricordo che hai frequentato il liceo artistico, poi all'Università ti sei laureata in storia dell'arte... quali gli insegnamenti che hai tratto da queste esperienze (tecniche, umane (!), ecc.)?
Il liceo artistico è stato fondamentale per le tecniche, ma in realtà molto lo si impara sperimentando. Gessetti, acrilico, penne colorate, sono tutte tecniche che ho provato per conto mio. L’università invece, con tutta l’attribuzione che si faceva a storia dell’arte, mi è servita per allenare l’occhio all’osservazione attenta. Non solo di stili, ma anche delle fisionomie, dei tipi e caratteri delle persone.

4)Da piccola avevi un libro preferito?
Sarà banale ma è Pinocchio.

E adesso?
Adoro Harry Potter.

Un personaggio, un fumetto cui sei particolarmente attaccata?
Mi piacciono i cartoni animati anni Trenta, e moltissimo Betty Boop. Ma un mito assoluto per me resta la Pimpa.

5)Hai degli ILLUSTRATORI di libri per ragazzi preferiti? Modelli a cui ti ispiri?
Certamente: Emanuele Luzzati che ci ha lasciati di recente, Anna Laura Cantone e Maria Sole Macchia. Sono loro i miei preferiti e i modelli a cui ispirarmi.

lunedì 2 luglio 2007

La riparazione del nonno, Stefano Benni, Orecchio Acerbo, 2007


Appena finito di leggere e di sfogliare questo capolavoro di libro non si può fare a meno di pensare come la parole siano una semplificazione necessaria ma sostanzialmente ingrata. Le parole servono per definire le cose, i fatti, le persone, ma di certo lo fanno con estrema approssimazione. Se questo albo illustrato, perfetto in ogni suo particolare, intrinseco e materiale, rientra senza dubbio nella vasta specie di quegli oggetti che convenzionalmente chiamiamo libri, ecco che la domanda che inevitabilmente corre alla mente è: “Perché ci ostiniamo a chiamare sempre con la parola ‘libro’ anche quell’altro oggetto a forma di parallelepipedo, con tanti fogli rilegati, un prezzo sul dietro e davanti la faccia di un famoso calciatore della Juventus ?”. Il fatto che entrambi siano reperibili in libreria e che tutti e due magari compaiono nelle classifiche di vendita non dovrebbe autorizzarci a chiamarli con lo stesso nome, ma … tant’è.

La storia tratta della riparazione di un nonno, abile narratore da camino, che viene “guastato” nei suoi circuiti narrativi dal cadere di un fulmine giù per la cappa. Il racconto è tratto da una delle più divertenti raccolte di racconti di Benni, Bar sport Duemila, edito da Feltrinelli ormai diversi anni orsono. Ma il ripescaggio in questione, ed il passaggio al genere dell’albo esalta una storia già di per sé memorabile, con le illustrazioni di Spider che sottolineano, amplificano, ricreano, esasperano i dettagli e i passaggi cruciali della narrazione.

Nelle parole della giuria del Premio Andersen 2007 - che ha assegnato al volume il suo premio speciale ed il super premio come miglior libro dell’anno - si riconosce “la misura colta e intrigante delle sagaci e forti illustrazioni”. Certe tavole sortiscono l’effetto da alcuni scrittori considerato il risultato supremo che una storia può produrre in un lettore: ci fanno letteralmente lacrimare dalle risate. Come, ad esempio, quando per riparare/guarire il nonno guastato i familiari lo mettono per una nottata nel porcile con i maiali. La mattina dopo il nonno non è guarito, ma in compenso le bestie hanno tutte cominciato a fumare la pipa ! Ed il disegno di tutte quelle facce di porco con in bocca la pipa fumante ha veramente qualcosa di portentoso, la comicità fatta illustrazione.

Anche la giuria di Liber ha voluto inserire La riparazione del nonno nella rosa dei cinque migliori libri del 2006. Tutto questo successo non appare certo immeritato, per una storia scritta da Benni nel suo stile più ironico e leggero, senza che vi siano tracce dell'acidità corrosiva e della visione critica del progresso tecnologico, che invece permeano molti dei più recenti romanzi dell'autore. Il parallelo fra il nonno che racconta ed il televisore che trasmette, viene fino da subito impostato come la nota dominante del racconto, come spunto di più di una scena o come chiave di lettura di tante immagini e trovate linguistiche ed espressive, esplosive della più viva comicità. Il tono è quello memoriale, il narratore ricorda quando da ragazzo viveva in campagna e il nonno la sera, tornato dai campi, si metteva davanti al fuoco del camino e raccontava le sue storie.

Tutto il racconto in effetti è la tessitura di “un implicito omaggio all'arte e alla sapienza del narrare” (sempre nelle motivazioni del premio Andersen), ma il punto culminante di questo omaggio, il momento veramente commovente (vi possso giurare che la prima volta – e anche la seconda – che ho letto quel passaggio mi sono letteralmente messo a lacrimare) è il finale, quando, dopo il precipitare sul nonno di un secondo fulmine, catartico, guaritore e di origine quasi divina, finalmente il nonno riparato ricomincia a raccontare. E il suo racconto senza interruzione, serratissimo e ricco di dettagli e particolari realistici, è quello di una vicenda di guerra partigiana.
Potente è l'accostamento fra il piano basso e ironico del racconto e quello alto dell'argomento raccontato, il cozzare fra l'omaggio all'arte del narrare e la comicità della situazione, fra la volontà di esaltare la memoria partigiana e la capacità di farlo calandosi in una situazione ai limiti dell'assurdo.

E mentre lacrimi di risate e commozioe sei lì, che ad alta voce stai leggendo a tua figlia - nata nell'ultimo anno dello stesso secolo - la descrizione di un appostamento di partigiani al passaggio di una pattuglia tedesca, ecco che tu sai che lei adesso non può sapere di cosa si tratta, non può avere consapevolezza storica del significato di quel passaggio, ma vede tu che te la ridi e anche lei ascolta partecipe.
E allora vengono alla mente le parole di Italo Calvino, quando dicendo della sua generazione e dell'esperienza della lotta partigiana, si riferisce a Una questione privata di Fenoglio, e dice che quella generazione ha avuto un consapevolezza piena e vera del significato di quell'esperienza solamente quando Fenoglio l'ha saputa traformare un una narrazione, in un racconto.

Ben vengano albi per ragazzi di questa portata, ben vengano storie che facendoci sorridere ci parlano di quanto sia importante il calore che viene dalla voce di chi racconta, anche se questo era soltanto un vecchio nonno contadino che ha fatto il partigiano e di cui vogliamo tramandare il ricordo e la memoria.

Il sito dello studio grafico e dell'editore Orecchio Acerbo:
http://www.orecchioacerbo.com